La vera storia del vodu Lossu

di Mamadou Salissou (1)

Sito foto 50

Sono Salissou, quello di sinistra nella foto, qualcuno dice che sono un simpatico filibustiere ma io mi arrabatto per sopravvivere. Per il mio lavoro viaggio, vado nei villaggi, organizzo traffici e ascolto le storie. Eccone una.

In Togo, dalle parti del fiume Mono “c’era una volta, vale a dire 100-150 anni fa, un vecchio che abitava in un piccolo villaggio della regione di Aklakou che si chiama Wopou. Il vecchio con la sua famiglia viveva stentatamente del lavoro dei campi senza nessuna religione che gli fosse di conforto. Un giorno, l’infaticabile contadino mentre se ne andava nella brousse per la raccolta scoprì improvvisamente un grosso coccodrillo che dormiva nel suo campo. Il vecchio scosso e terrorizzato dalla vista del rettile vivente gridò aiuto. All’arrivo di altri contadini il vecchio era svenuto per terra e il coccodrillo era scomparso. Il vecchio fu così riportato nella sua capanna in uno stato penoso. Dopo questo avvenimento il contadino sì ammalò di un male inguaribile. Vedendo arrivare la morte il vecchio decise di raccontare quello che aveva visto nel suo campo ad un guaritore. Il guaritore, a sua volta, invitò il grande feticheur del villaggio per la consultazione del dio Afa. E così attraverso Afa il feticheur si rese conto che si trattava di un vodu che voleva nascere presso il vecchio e che solo attraverso l’installazione di questo nuovo vodu e tutte le cerimonie necessarie il contadino avrebbe ritrovato la salute. Infatti quello che era successo al vecchio, la malattia, i cattivi raccolti, la miseria della sua famiglia, erano segni che il vodu aveva lanciato per poter essere riconosciuto ed adorato. L’installazione del vodu ebbe luogo con il contorno di molte cerimonie e del sacrificio di una testa umana in mare. Dopo l’installazione del vodu il vecchio ritrovò rapidamente la salute e divenne contemporaneamente il feticheur di questo nuovo culto, il vodu Lossu. Da quel momento non ci furono più malattie gravi, nessuna morte improvvisa e sempre buoni raccolti. Il vecchio continuò così a fare sacrifici di teste umane tutti gli anni, fino alla fine della sua vita”.

Oggi questi sacrifici di teste umane sono stati sostituiti da sacrifici di capre e montoni. Tuttavia, negli altari del vodu Lossu si trovano ancora pali che rappresentano coccodrilli che sostengono con le zampe un testa umana a ricordo dei sacrifici che si facevano una volta. E spesso in questi altari si trovano due figure di coccodrilli maschi che guardano verso l’alto e un coccodrillo femmina che guarda davanti e che sorregge sul capo un vaso di terracotta contenente piccoli sassi del mare o del fiume Mono. Nell’anno 2002, nel periodo in cui facevo da guida ed interprete ai ricercatori del Centro Studi Archeologia Africana che stavano conducendo una ricerca sulle popolazioni évhé-Ouatchi, ho scoperto a Wopou un altare del vodu Lossu. Wopou è una piccola località situata nella regione meridionale del Togo, nell’area di Aklakou, in prossimità del fiume Mono. In quel momento l’altare era ancora in funzione, ma non avendo con me la macchina fotografica ne avevo fatto solo uno schizzo (foto 1) e avevo raccolto la storia che ho raccontato. Nel 2004, a seguito del decesso del sacerdote del vodu Lossu l’altare di Wopou fu abbandonato e il tetto crollò (foto 2). A quel punto, con il consenso degli abitanti del villaggio, ho raccolto il materiale prima che andasse disperso. Infatti, nella tradizione degli Evhé-Ouatchi i vodu vivono e muoiono con gli uomini e così accade che se un prete vodu muore e nessuno lo sostituisce l’altare viene abbandonato.

L’altare comprendeva (foto 3 e 4):

  • 3 pali in legno rappresentanti figure antropo-zoomofe con testa di coccodrillo;
  • 1 vaso di terracotta posato sulla testa della figura femminile contenente alcuni sassi e pietre de tonnerre (cioè le pietre fatte dai fulmini durante le tempeste);
  • 2 ciotole di terracotta;
  • 2 bottiglie rituali;
  • 1 scaccia mosche.

Ho poi saputo che l’altare di Wopou è finito in Italia, a Rimini, nella piccola grotta del Museo degli Sguardi, dove tutt’ora si trova e dove è diventato una grande attrazione (foto 5 e 6).

Non ho visto la nuova “casa” del vodu Lossu ma mi dicono che stia bene, che quando fa caldo si ricopre di muffa e quando fa freddo la muffa sparisce. Un giorno magari verrò a visitarlo e gli porterò qualche sasso del fiume Mono. Anche se io sono musulmano e non credo troppo a queste vecchie storie, non si sa mai, è sempre meglio rispettare i vodu.

Lomé, 2007

Nota:
(1) Mamadou Salissou è un hausa, vive a Lomé e si occupa di commercio di mobili coloniali e talvolta di oggetti d’arte. Dal 2001 al 2008 ha collaborato con il Centro Studi Archeologia Africana

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