Le liriche d’amore dell’antico Egitto

Gilberto Modonesi

Introduzione

Intorno all’anno 1570 a.C. inizia il Nuovo Regno e con esso una nuova fase della civiltà egizia che si arricchisce di contatti con l’esterno non solo per certi aspetti tecnologici e militari, ma anche per un’apertura verso l’esotico che deriva da una fitta rete di rapporti diplomatici e di intensi scambi commerciali.

In questo periodo, ricco di nuovi fermenti, ha luogo una radicale revisione della civiltà faraonica ad opera del re Akhenaton. Il “monoteismo” solare di Akhenaton modifica alla radice il rapporto tra l’individuo e la società, così come il ruolo dello stesso sovrano. Prima di Akhenaton la concezione religiosa si manifestava come dialettica tra maat, l’equilibrio cosmico e sociale, e isefet, il caos. Il ruolo del sovrano era di garantire l’ordine della creazione combattendo il caos. L’individuo faceva parte del corpo sociale e anche i suoi comportamenti erano prescritti dalla maat. Il concetto di giustizia era l’elemento regolatore della società e della sua complessa articolazione.

Con il monoteismo amarniano non c’è nessuna dialettica. Aton è il solo e unico dio e Akhenaton è il suo profeta, colui che rivela e trasmette la Verità. La nuova concezione religiosa è basata sulla fede verso il dio solare Aton e colui che lo rappresenta sulla terra, suo figlio Akhenaton. Il male è ciò che si oppone a questa dottrina. Si rompe così l’antico e tradizionale elemento di coesione sociale e al suo posto si sviluppa un senso di pietà personale (1). Si afferma la centralità dell’individuo che si manifesta con la flessibilità dei comportamenti sociali: cade la rigida prescrittività dei comportamenti sociali, ora gli individui sono più orientati dai propri sentimenti.

Queste considerazioni valgono particolarmente per il sovrano che ora si mostra anche nei suoi momenti privati e di vita quotidiana: scene di vita familiare, il pasto, le corse sul cocchio. Ora nell’arte si esprimono anche le scene d’amore coniugale nell’ambito della famiglia regale superando il rigido schema delle statue binarie in cui i due sposi compaiono rigidamente affiancati.

Questi germi innovativi introdotti dalla riforma amarniana non si spengono con la morte di Akhenaton: anche dopo la restaurazione le innovazioni evolvono, favorite dal nuovo contesto in parallelo con il recupero della tradizione non più irrigidita in canoni fissi. Nel periodo ramesside i segni di questa maggiore elasticità intellettuale si manifestano con gli ostraka (2) (ad esempio con le rappresentazioni del “mondo alla rovescia”) e la produzione figurata di materiali “pornografici” (fra questi il più famoso è il Papiro erotico di Torino) che si integrano con elementi comici e satirici, in cui animali imitano gli umani e talvolta anche i comportamenti regali.

Le liriche d’amore sono componimenti unici nella produzione letteraria egizia e risalgono tutte al periodo ramesside (XIX-XX dinastia). Le liriche d’amore si inseriscono in un filone in cui la lingua si rinnova con parole e forme che appartengono al linguaggio parlato (il neo-egiziano), una evoluzione della lingua che forse ha origine dalla volontà di formalizzare nella forma scritta componimenti orali.

Le liriche d’amore sono classificate come “divertimenti del cuore” (sxmb-ib), una espressione che viene usata per indicare piacevoli situazioni conviviali.

I temi compositivi e i rimandi letterari

Merut (mrwt) è il male d’amore, quasi una malattia che ha come soluzione l’unione dei due amanti. In una lirica il canto è concepito come un incanto amatorio che richiede la presenza di un ritualista con i suoi incantesimi.

Nelle liriche vi sono parecchie citazioni di testi mitici e varie assonanze con testi e inni religiosi. In questo senso la “sorella” (= l’amata) può trasformarsi in un corpo divino (Hathor, la dea della bellezza e dell’amore), così come il “fratello” (= l’amato) può essere considerato un dio.

Gli egizi non disdegnavano temi pornografici, come dimostra il Papiro erotico di Torino che proviene dallo stesso ambiente che ci ha tramandato le liriche d’amore ed è dello stesso periodo. Nelle liriche non c’è pornografia ma sentimenti d’amore e il desiderio degli amanti di congiungersi, un desiderio ben naturale per dei giovani amanti.

Nelle liriche l’erotismo si avverte e probabilmente non mancano i doppi sensi. Alcuni di questi risultano evidenti da altre fonti in cui certe espressioni vengono usate con espliciti riferimenti erotici. Altri doppi sensi sono probabili ma non certi. Oggi la loro percezione dipende dall’attualità di certe battute e da un certo nostro grado di malizia personale che può influenzare la lettura.

I canti esprimono focosi sentimenti amorosi che non sorprendono se vengono manifestati da giovani uomini innamorati. Ma anche le fanciulle sono tutt’altro che reticenti e manifestano con altrettanto ardore la loro passione amorosa e il desiderio di congiungersi all’amato. Abbiamo in questi canti la prova della libertà sessuale di cui godevano le fanciulle prima del matrimonio oppure questi toni accalorati sono l’indizio che essi sono stati composti da uomini?

Nel complesso delle liriche l’amore corrisposto, che giunge alla sua naturale conclusione, è concepito come una forma di gioco tra i due innamorati, un gioco alla pari, senza imposizioni e forzature da una delle due parti, tipicamente l’uomo. Quando si è avvinti da uno struggente sentimento d’amore la controparte ci appare come un’entità assolutamente unica: “Tu sei l’unico/a, non c’è nessun altro/a come te”. Esattamente il contrario di quando l’amore decade: “Sei come tutte le altre”. Questo sentimento ambivalente dell’amore costituisce il canovaccio letterario delle liriche d’amore dell’antico Egitto.

Le fonti principali

La raccolta delle liriche d’amore consta di 94 poesie, molte in frammenti.

1 – Papiro Chester Beatty I (conservato al British Museum)

Il papiro, acquistato da Chester Beatty, proviene da una tomba di Deir el-Medina: la tomba di Amonnakht, figlio di Ipuy. Questo e altri papiri erano nascosti nella sovrastruttura ora scomparsa. Il papiro contiene anche un inno a Ramesse V e la versione popolare del mito con la contesa di Horus e Seth. L’inno a Ramesse V lo data alla XX dinastia; ma le poesie d’amore potrebbero essere state ricopiate. Sul verso del Papiro le poesie d’amore hanno come titolo: “Inizio dei componimenti della grande gioia del cuore”. Sul recto il  titolo è: “Dolci versi trovati in un cofanetto”.

2 – Papiro Harris 500 (conservato al British Museum)

Acquistato da Harris, proviene da Deir el-Medina o da Medinet Habu. E’ datato alla XIX dinastia. Il papiro contiene anche “Il canto dell’arpista”, la “Storia del principe predestinato” e “La presa di Ioppe”. Le poesie d’amore hanno come titolo: “Inizio dei componimenti di svago. La bellezza della sorella giunge dai campi”.

3 – Papiro di Torino (venduto al Museo da Bernardino Drovetti)

Il papiro, di grande formato, riporta anche un testo di carattere amministrativo. Le liriche hanno come titolo “I canti del boschetto” perché protagonisti sono tre alberi: “Il melograno parla…”, “L’albero di fico apre la bocca…”, “Il giovane sicomoro…”

4 – Ostraka vari

Quasi tutti questi ostraka provengono dal grande pozzo di Deir el-Medina. In totale sono 27 e risalgono alle dinastie XIX-XX.

Le occasioni in cui venivano recitate o cantate le liriche d’amore

Le rappresentazioni egizie delle tombe della XIX e XX dinastia ci mostrano spesso scene conviviali. Molte di queste scene si riferiscono a banchetti funerari in cui parenti e amici del defunto celebravano un pasto in occasione della “bella festa della Valle”, festività in cui la statua del dio Amon attraversava il Nilo e visitava i templi “funerari” dei sovrani e le necropoli della riva ovest.

Altre scene sono meno convenzionali e mostrano leggiadre fanciulle che suonano i loro strumenti, accennano a passi di danza e sembra che cantino. Si può presumere che giovani delle classi elitarie si incontrassero in amichevoli convivi animati anche da musica, danze e canti. Momenti felici e spensierati come d’altra parte annunciano i titoli di alcuni componimenti lirici: “Inizio dei componimenti della grande gioia del cuore”.

Ogni lirica d’amore ha come protagonista il giovane innamorato o la fanciulla innamorata. Secondo logica si dovrebbe pensare che le poesie fossero recitate o cantate, secondo i casi, da un maschio o da una femmina. In realtà non c’è nulla che provi questa alternanza: le scene che si possono attribuire con certezza a tali occasioni conviviali mostrano solo orchestrine di fanciulle. E’ anche possibile che le liriche fossero composte da maschi e recitate da fanciulle. In effetti la conoscenza della scrittura era molto più diffusa tra i maschi che tra le femmine; inoltre le rappresentazioni di orchestrine di questo periodo mostrano solo fanciulle musicanti e tra loro sembra che si possano riconoscere delle cantatrici.

Nota sui caratteri formali dei testi

Le liriche ci trasmettono i giovanili e vitali sentimenti di persone vissute più di tre millenni fa. Le loro voci ci emozionano perché i loro sentimenti li rendono così attuali e simili a noi in alcuni momenti della nostra vita.

I filologi che sono in grado di leggere e tradurre queste poesie possono anche apprezzare i caratteri formali di questo genere letterario.

L’unità di base dei canti è il distico (strofa di due versi) eptametrico (sequenza normativa di 7 unità): si tratta di una struttura fissa del verso, soggetta però a variazioni e ripetizioni che hanno lo scopo di produrre un ritmo più deciso.

La costruzione dei versi ricorre spesso all’allitterazione (assonanze prodotte dalla ripetizione a fini stilistici di parole che hanno simili composizioni sillabiche) e alla paronomasia (l’accostamento di due parole omofone per mettere in risalto l’opposizione dei significati).

Note

(1) La “confessione negativa dei peccati” del capitolo CXXV del Libro dei Morti ne è la prova evidente, così come l’istituzione nei templi di un posto dedicato al “dio che ascolta le preghiere” dove i fedeli possono confidarsi con la divinità. Le stele con la rappresentazione di orecchi esprimono un’altra modalità di comunicazione diretta con la divinità.

(2) Sono così chiamate le scaglie di calcare e i cocci di vasi che recano disegni o dipinti e iscrizioni.

Bibliografia

Mathieu B., La poésie amoureuse de l’Egypte ancienne. Recherches sur une genre littéraire au Nouvel Empire, IFAO, Le Caire 1996. Questo volume è essenziale per la traduzione di tutte le poesie conosciute, la pubblicazione dei testi, l’apparato critico e vari tipi di analisi formale.

Ciampini E., Canti d’amore dell’antico Egitto, Salerno Editrice, Roma 2005. Nell’introduzione l’autore presenta le poesie d’amore nel contesto del periodo come risultato delle novità introdotte nel periodo amarniano e nel contempo ispirate ai canoni tradizionali. Il presente testo ha come riferimento principale i temi sviluppati nell’“introduzione” di Ciampini.

Vernus P., Chants d’amour de l’Egypte antique, Imprimerie Nationale, Paris 1992.

Bresciani E., Le liriche d’amore, in Letteratura e poesia dell’antico Egitto, Einaudi Tascabili, Torino 1999, pagg. 453-477.

Fowler B.H., Love Lyrics of Ancient Egypt, The University of Carolina Press, Chapel Hill and London 1994.

Derchain Ph., Pour l’érotisme, in Chronique d’Egypte, LXXIV (1999), fasc. 148, pagg. 261-267. Nell’articolo l’autore critica l’analisi strettamente filologica di Mathieu che non concede nulla all’erotismo delle liriche che invece è nella natura di questi testi.

Lichtheim M., Ancient Egyptian Literature, vol. II: The New Kingdom, University of California Press, Berkeley-Los Angeles-London, 1974, pagg. 181-193.

Mathieu B., L’univers végétal dans les chants d’amour égyptiens, in Encyclopedie religieuse de l’Univers végétal, vol. I, Université Paul Valery – Montepellier 1999, pagg.99-106.

Donadoni S., La letteratura egizia, Sansoni-Accademia, Firenze 1967, pagg. 203-217. L’autore riporta numerosi brani delle liriche per evidenziare di volta in volta il ritmo delle poesie, l’ispirazione intellettuale, i rimandi letterari e i virtuosismi formali.

Sui graffiti erotici di Deir El-Bahari

Gilberto Modonesi

Alcuni anni fa la televisione ha trasmesso un filmato intitolato “L’Egitto di Romer”. In quel video l’egittologo inglese John Romer presentava un graffito che si trova in una tomba rupestre incompiuta (1) scavata nella falesia a destra del tempio della regina (2) Hatshepsut a Deir el-Bahari.

Sotto un testo in scrittura ieratica sono rappresentate crude scene licenziose: i graffiti mostrano un uomo con un vistoso fallo in erezione e una coppia impegnata in un coito da tergo. Nella trasmissione il Romer aveva affermato che in quel luogo i partigiani del re Tuthmosi III avevano dato sfogo al loro livore politico contro la regina rappresentando in modo indecente, e in una posizione del tutto sconveniente per un faraone, il rapporto di Hatshepsut con Senenmut (3), architetto del tempio e titolare di numerose altre cariche di primo piano nell’amministrazione dell’Egitto. Come è noto, Tuthmosi III era associato al trono ma in una posizione di secondo piano dopo che la matrigna e sorellastra Hatshepsut si era auto-nominata faraone.

La storia dei rapporti fra Hatshepsut e Tuthmosi III è controversa e varie interpretazioni si sono susseguite nel corso degli anni da parte di vari egittologi. E’ però assodato da prove archeologiche che la desecratio memoriae di Hatshepsut da parte di Tuthmosi III è iniziata venti anni dopo la scomparsa della regina e non ci sono prove certe di conflittualità tra i due faraoni durante il loro regno in comune.

Nella grotta di Deir el-Bahari i personaggi dei graffiti non sono indicati per nome, quindi si poteva presumere che l’identificazione del Romer derivasse dal testo ieratico scritto sopra i graffiti erotici (4). Invece non è così. Il testo ieratico è stato tradotto da Edward Wente in un articolo dal titolo “Some Graffiti from the Reign of Hatshepsut” apparso nel n. 43 del Journal of Near Eastern Studies (1984), pagg. 47-54 (5). La traduzione rivela che il testo è una comune invocazione di offerta funeraria: “Un’offerta che il re dà ad Amon-Ra, signore dei troni delle Due Terre, a Ra-Harakhti, a Hathor,…”. In fondo al testo si legge anche il nome dell’autore: “Neferhotep, giustificato presso Osiri, generato dal sindaco di El-Kab Reneny e nato dalla Signora della casa Nehi, giustificata presso Osiri”. L’iscrizione non accenna minimamente ai graffiti sottostanti.

Neferhotep era impiegato come scriba nel “tempio dei milioni di anni” di Hatshepsut e il Wente ritiene probabile, in accordo col Romer, che il testo ieratico e i graffiti erotici siano stati tracciati dalla stessa mano, cioè da Neferhotep.

L’articolo del Wente offre altri spunti interessanti cercando di spiegare i graffiti erotici in base ad altre evidenze identificate nella grotta. Innanzi tutto non c’è alcuna prova che l’uomo impegnato nel rapporto sessuale sia Senenmut, anche se il suo nome compare su una parete della grotta. Anche altri nomi sono leggibili sulle pareti della tomba incompiuta, con i rispettivi titoli di primo, secondo e terzo profeta del tempio di Hatshepsut. Sembra che questi personaggi abbiano visitato la grotta poco tempo dopo l’esecuzione dei graffiti senza prendere alcuna iniziativa per la cancellazione di immagini tanto blasfeme.

Un altro scriba ha inserito il proprio nome in un cartiglio. Secondo il Wente, proprio questo graffito potrebbe fornire l’interpretazione delle scene erotiche. Se la femmina Hatshepsut poteva essere re, allora lui, semplice scriba, poteva appropriarsi del cartiglio regale. Analogamente, il copulatore poteva essere una figura anonima utile per parodiare l’assurda pretesa di Hatshepsut di essere re, dando rilievo a una posa sessuale in contrasto con il consueto epiteto di “toro possente” attribuito al faraone.

Stupisce che una azione così dispregiativa nei confronti della titolare di una istituzione sacra quale era la regalità fosse rappresentata in un luogo piuttosto frequentato (la falesia prossima al tempio e con tombe in costruzione), e che un suddito ben riconoscibile ardisse compiere di fatto un atto di lesa maestà

 

Note:
(1) Un ispettore di quell’area ci ha detto che ora l’ingresso della grotta è stato murato per evitare le visite.
(2) Si usa comunemente il termine regina, ma è noto che Hatshepsut fu un sovrano a tutti gli effetti.
(3) E’ diffusa l’ipotesi che Senenmut fosse amante della regina.
(4) Nei volumi che trattano la stia egizia di questo periodo nulla è scritto del testo ieratico e dei graffiti sottostanti.
(5) Nel Porter & Moss il testro ieratico e i graffiti sono attribuiti per errore al Medio Regno.

Testi e immagini di questa scheda sono protetti da copyright del Centro Studi Archeologia Africana e pertanto non possono essere riprodotti (nè in toto, nè in parte) senza esplicito consenso scritto del CSAA.

Spigolature egittologiche

Gilberto Modonesi

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